giovedì 30 giugno 2011

Maledetti Toscani!

Siccome quando faccio le citazioni colte i miei amici e colleghi non le prendono e si offendono riporto qui di seguito il brano del libro "Maledetti Toscani!" dello scrittore e giornalista italiano Curzio Malaparte che ho citato e che, pur se condivido in pieno, non è farina del mio sacco (purtroppo!):

«E maggior fortuna sarebbe, se in Italia
ci fossero piú toscani e meno italiani.»

 Se è cosa difficile essere italiano, difficilissima cosa è l’esser toscano: molto più che abruzzese, lombardo, romano, piemontese, napoletano, o francese, tedesco, spagnolo, inglese. E non già perché noi toscani siamo migliori o peggiori degli altri, italiani o stranieri, ma perché, grazie a Dio, siamo diversi da ogni altra nazione: per qualcosa che è in noi, nella nostra profonda natura, qualcosa di diverso da quel che gli altri hanno dentro. O forse perché, quando si tratta d’esser migliori o peggiori degli altri, ci basta di non essere come gli altri, ben sapendo quanto sia cosa facile, e senza gloria, esser migliore o peggiore di un altro.

Nessuno ci vuol bene (e a dirla fra noi non ce ne importa nulla). E se è vero che nessuno ci disprezza (non essendo ancora nato, e forse non nascerà mai, l’uomo che possa disprezzare i toscani), è pur vero che tutti ci hanno in sospetto. Forse perché non si sentono compagni a noi (compagno, in lingua toscana, vuol dire eguale). O forse perché, dove e quando gli altri piangono, noi ridiamo, e dove gli altri ridono, noi stiamo a guardarli ridere, senza batter ciglio, in silenzio: finché il riso gela sulle loro labbra.

Di fronte a un toscano, tutti si sentono a disagio. Un brivido scende nelle loro ossa, freddo e sottile come un ago. Tutti si guardano intorno inquieti e sospettosi. Un toscano apre la porta ed entra? Un silenzio impacciato lo accoglie, una muta inquietudine s’insinua, là dove prima regnavano l’allegria e la confidenza. Basta l’apparizione di un toscano, perché una festa, un ballo, un pranzo nuziale, si mutino in una triste, tacita, fredda cerimonia. Un funerale al quale prenda parte un toscano, diventa un rito ironico: i fiori si mettono a puzzare, le lacrime seccano sulle gote, le gramaglie cambian colore, perfino il cordoglio dei parenti del morto sa di beffa. Basta che fra il pubblico ci sia un toscano col suo risolino in bocca, e subito l’oratore si turba, la parola gli si sgonfia sulle labbra, il gesto gli si ghiaccia a mezz’aria.

[…]

Che tutti gli italiani siano intelligenti, ma che i toscani siano di gran lunga piú intelligenti di tutti gli altri italiani, è cosa che tutti sanno, ma che pochi vogliono ammettere. Non so se per gelosia, o per ignoranza di quel che sia veramente l’intelligenza: la quale non è furbizia, come si crede comunemente in Italia, ma un modo di abbracciar con la mente le cose, di comprenderle, cioè, e di penetrarle, mentre la furbizia è soltanto quello che il battere delle ciglia è in confronto con lo sguardo. E chi negherà che noi toscani sappiamo entrar con gli occhi della mente in fondo alle cose, e guardar dentro? che siamo come quegli insetti che prendono il polline dai fiori maschi e lo portano ai fiori femmine? che noi portiamo l’intelligenza, come un polline, alle pietre, e ne facciamo nascere chiese e palazzi, torri maschi e piazze femmine? Chi negherà che l’intelligenza, in Toscana, ci sta di casa, e che anche gli scemi, che in casa d’altri son soltanto scemi, da noi sono intelligenti?
  
Tratto da “Maledetti toscani”, di Curzio Malaparte

Curzio Malaparte

mercoledì 29 giugno 2011

CARTOONFLASH i candidi cinici cartoon di Gaia Bracco

Mettendo un po' d'ordine tra la mia collezione di film e cartoni animati, che come saprà ormai molto bene chi mi segue tra DVD, Blue Ray e VHS supera ampiamente i tremila titoli, mi sono imbattuto in una vecchia videocassetta, allegato della rivista di cinema FILMAKER’s magazine, che contiene una selezione dei migliori Cartoonflash, brevi e cinici cortometraggi d'animazione realizzati in Flash, software della casa statunitense Adobe concepito per un uso prevalentemente grafico, dalla regista e disegnatrice Gaia Bracco.
Prima di scendere nei particolari di queste opere vorrei fornire qualche cenno sulla biografia di chi le ha prodotte.
Gaia Bracco nasce a Milano nel 1974.
Dopo essersi diplomata nel 1994 come Maestro D'Arte Applicata presso L'istituto Sperimentale D'Arte di Monza, effettua un corso di Cinema e Postproduzione Video presso L'Associazione Culturale Fuoricampo di Milano e, nel 1999, ottiene il titolo di Animatrice - Operatrice Softimage presso l'ATC Upgrade di Milano.
Queste competenze specifiche, unite ad una perfetta padronanza di Flash, le hanno permesso di realizzare brevissime clip animate che sfruttano un segno povero ma di grande impatto e una tecnica molto rudimentale, che proprio per questo offre numerosi spunti sotto il profilo dei contenuti, rendendole subito fruibili da parte di un pubblico molto eterogeneo.
Le fonti che hanno ispirato queste opere sono molteplici e spaziano dalla rivisitazione di famosi romanzi e fiabe a parodie di film e cartoni animati molto noti passando per scenette bucoliche che hanno al centro della narrazione piante o animali.
Le situazioni che vivono i personaggi di queste brevi animazioni, resi come si è ampiamente detto con un segno semplice e schematico, sono estremamente ciniche opprimenti e si concludono sempre con la morte del protagonista.
Il male, tematica ricorrente nell'opera di Gaia Bracco, è qui inteso come insieme di episodi negativi e mette in evidenza come non ci sia nessuna possibilità di redenzione non solo per il razionale essere umano ma anche per piante e animali, che simboleggiano una natura che tuttavia non sfugge a questo sentimento.
Nonostante ciò, nei contesti rappresentati il cinismo assume una connotazione scherzosa e divertente che farà riflettere sulla negatività delle situazioni a cui vanno incontro i personaggi solo lo spettatore più attento.
Per quanto riguarda poi il gruppo che ha dato vita a questi lavori, oltre alla capacità di Gaia Bracco di creare, con pochi segni e una competenza  informatica non comune, opere che fanno ridere ma allo stesso tempo riflettere chi avrà voglia di guardarle, bisogna fare un grande applauso a Giuseppe Bianchi, Domenico De Angelis e Simone Silvestroni autori di musiche mai fuori luogo che commentano in modo divertente e mai banale il lavoro della regista e animatrice meneghina.
Alla luce di quanto scritto non si può quindi non applaudire Gaia Bracco per lo spassosissimo lavoro svolto e consigliare la visione di questi cortometraggi a chiunque cerchi oltre che un piacevole passatempo anche spunti di riflessione.

giovedì 16 giugno 2011

X Men - L'inizio

Quello di cui parlerò in questo post è l'ultimo film di supereroi, genere sia fumettistico che cinematografico a me congeniale, visto con l'amico Alessandro Rossi al cinema Goldoni.

Locandina originale del film
Basato su una nota serie a fumetti pubblicata dall'editore statunitense Marvel Comics, diretto dal regista inglese Matthew Vaughn e prodotto da quel Bryan Singer, interprete appassionato di adattamenti cinematografici derivati da fumetti di supereroi, senza di cui non ci sarebbero stati i primi lungometraggi ispirati agli X Men, “X Men: L'inizio” è un film, godibile e appassionante, che parte da un'idea tanto semplice quanto originale.
La pellicola, ambientata negli anni '60 infatti, si ispira principalmente alle storie di Chris Claremont, sceneggiatore all'inizio della sua sfolgorante carriera nel mondo dei comics di una fortunatissima serie di avventure degli uomini X, e parla di un periodo in cui, il potente telepate Charles Xavier e Magneto, alter ego di Erik Lensherr, che ha un enorme controllo sui campi elettromagnetici tanto da poter influenzare anche quello terrestre, prima di essere avversari erano amici.
Accanto a questi due personaggi cardine, che danno vita ad una vicenda coinvolgente e ricca di suspense, si muovono cattivi che fanno capo al “club infernale” come: Sebastian Shaw, la regina bianca Emma Frost e Azazel, a cui si contrappone una squadra formata da Mystica, Bestia, Havok, Banshee, e Darwin, soggetto di recentissima creazione, che nei fumetti compaiono in periodi diversi.
Il cast di questa pellicola, veramente avvincente e indubbiamente ben realizzata sia dal punto di vista della regia che della sceneggiatura, è molto efficace e indicato.
Su tutti spicca l'interpretazione, fatta di sguardi profondi, di pause riflessive e di azione concitata, che Michael Fassbender conferisce al suo Magneto.
La virata verso una concezione più dura e intransigente della causa mutante attuata da questo personaggio alla fine del film lo rende molto simile al Darth Vader di Lucas e lo fa diventare una figura di sicura presa sullo spettatore.
Degno di nota inoltre è anche il lavoro svolto tra gli altri dal sempre bravissimo James McAvoy, che veste i panni di Charles Xavier con grande disinvoltura, da January Jones, che dà vita ad una regina bianca mozzafiato e da Kevin Bacon, che impersona in maniera istrionica Sebastian Show.
Compaiono poi in brevi camei anche Wolverine, interpretato da Hugh Jackman, e Rebecca Romijn, attrice che ha dato il volto a Mystica nella trilogia di film di Bryan Singer.
Molto funzionali alla riuscita di questo lungometraggio sono anche gli effetti visivi curati dal due volte premio Oscar John Dykstra, inseriti senza strafare e per questo quasi non percepiti dallo spettatore, la musica diHenry Jackman e la fotografia sobria di John Mathieson.
Un'altra prerogativa che rende molto piacevole la visione di questa pellicola è il gusto un po' retrò e vintage che l'ambientazione anni '60 conferisce a quest'opera.
Il riferimento a fatti della storia americana veramente accaduti, come la crisi dei missili di Cuba poi, rende questo film meno astratto e dona alla vicenda una parvenza di realtà.
L'insieme di queste caratteristiche, nonostante alcune incongruenze con i tre film precedenti, fa di quest'opera la migliore di tutte quelle realizzate finora sugli uomini X, e forse la più bella delle trasposizioni da fumetti della Marvel.

mercoledì 8 giugno 2011

Wonderland – Quando Alice se ne andò

La presentazione al Living Colour, negozio di fumetti che da appassionato frequento molto assiduamente, di quest'opera mi ha permesso di acquistare e leggere questo interessente e appassionante volume a fumetti.



Autore: A.A. V.V.
Editore: N.P.E. Nicola Pesce Editore
Collana: Nuvole in tempesta
Anno d'uscita: 2010
Pagine: 112
Prezzo: 11,90 euro

Cosa succederebbe se i comprimari che fanno da sfondo alle vicende di Alice presentate nei libri di Lewis Carroll “Alice nel Paese delle Meraviglie” e “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” si rivelassero, invece che personaggi di fantasia, persone reali affette da sindromi psichiatriche?
A questa domanda sembra voler rispondere la bella e caratteristica pubblicazione “Wonderland – Quando Alice se ne andò”, libro a fumetti uscito nell'ottobre del 2010 per i tipi della “Nicola Pesce Editore”.
Secondo volume della collana “Nuvole in tempesta” quest'opera, curata in modo molto professionale da R. Amal Serena, attraverso dieci brevi storie scritte e disegnate da altrettanti autori, alcuni molto noti agli appassionati di fumetti, altri esordienti di lusso, fa compiere al lettore un viaggio nel paese delle meraviglie, ma senza Alice ad accompagnarlo.
Le vicende dei personaggi, arricchite dalle illustrazioni di Francesco Cattani e narrate e rese graficamente da professionisti che spiccano per diversità di stili pittorici e di scrittura, sono infatti introdotte da un rovinato Brucaliffo tossicodipendente, realizzato da Elisabetta Melaranci in perfetto stile Disney, perso nei fumi del suo narghilè e nella profondità delle sue considerazioni.
Accanto al Brucaliffo, coloro che vorranno addentrarsi nella lettura di questo libro si imbatteranno nei principali comprimari con cui Alice ha fatto conoscenza nel corso del suo peregrinare attraverso il paese delle meraviglie.
Incontreranno un Cappellaio Matto, alle prese con una tuba da realizzare per Lewis Carroll, scopriranno le tribolazioni di cuore del Due di Picche, assisteranno ai giorni pericolosi dei gemelli Pincopanco e Pancopinco e alla partita di scacchi che Humpty Dumpty giocherà contro il suo riflesso nello specchio.
Troveranno la Duchessa Brutta mentre tenta di sorridere, scopriranno il motivo per cui il Tricheco e il Carpentiere girano sempre insieme, andranno a trovare la Falsa Tartaruga dal suo analista, assisteranno a una giornata dello Stregatto e, come ciliegina sulla torta, apprenderanno cosa succederebbe se il Bianconiglio, catapultato nel mondo reale, fosse costretto a fare una rapina a tempo.
Come corollario alle singole storie, opera di sceneggiatori noti e meno noti ma tutti molto capaci come, giusto per citarne alcuni, Bartoli, Uzzeo e Silveri, si trovano poi vere e proprie cartelle cliniche dove R. Amal Serena, spacciandosi per una non meglio precisata dottoressa Alice Liddell, persona reale e amica di Lewis Carroll che per lei ha scritto Alice nel Paese delle Meraviglie, descrive la sindrome di ogni singolo personaggio.
Il tutto è arricchito da una bella copertina realizzata  da Davide De Cubellis.
La varietà di stili, che spaziano dal realistico al caricaturale, dal surreale al disneyano poi, rendono quest'opera molto appetibile anche dal punto di vista prettamente grafico.
Alla luce di quanto scritto quindi, non posso che consigliare la lettura di questo libro a chiunque ricerchi in un volume a fumetti qualcosa di più del semplice intrattenimento e fare un applauso alla “Nicola Pesce Editore” per il coraggio dimostrato nel proporre opere così particolari e moderne.

sabato 4 giugno 2011

I film più belli [3]

Il lungometragio, di cui parlerò nella nota sottostante, è un capolavoro del genere gangster - movie uscito alla fine degli anni '80 che ho rivisto in questi giorni.

Gli Intoccabili

Locandina originale del film



Gli Intoccabili, film diretto da Brian De Palma e uscito nelle sale cinematografiche di tutto il mondo nel 1987, narra la storia di un gruppo di rappresentanti delle forze dell’ordine composto da un agente governativo di nome Eliot Ness, interpretato da Kevin Costner, dai poliziotti Jimmy Malone e George Stone, Sean Connery e Andy Garcia, e da un ragioniere, Oscar Wallace, a cui dà il volto Charles Martin Smith, che nella Chicago del proibizionismo riesce a porre fine ai traffici illegali di Al Capone, boss italoamericano dal sorriso beffardo interpretato in modo magistrale da un Robert De Niro decisamente ingrassato, e ad assicurare quest’ultimo alla giustizia.


Scritta dal grande drammaturgo David Mamet questa pellicola ha vinto numerosi premi come: l’Oscar per il miglior attore non protagonista andato a Sean Connery, un Golden Globe sempre a Sean Connery, un Grammy Award per la migliore colonna sonora, opera di un Morricone in stato di grazia, e un Nastro d’Argento per la migliore musica.

Questo lungometraggio riprende il titolo e i personaggi di una nota serie televisiva e ne fa un dramma poliziesco iperrealista e di infallibile presa.

Oltre alle interpretazioni magistrali di Connery e De Niro va sottolineata anche l’eccelsa prova di Kevin Kostner che in questo film sfoggia la sua miglior interpretazione di sempre.


Elliot Ness è un personaggio di certo valorizzato dall’ottimo cast che ha attorno ma nonostante questo è un protagonista costruito realmente bene.


Film dalla regia sopraffina Gli intoccabili annovera al suo interno scene memorabili come: la sequenza parodistica della carrozzina, ispirata Corrazzata Potëmkin di Ejzenstejn, che si svolge nella stazione ferroviaria di Chicago e quelle che vedono protagonista De Niro/Al Capone che prima piange all’Opera sulle note di I pagliacci di Leoncavallo e poi giustizia con una mazza da baseball un pretoriano che lo ha deluso.


Forte di una gran bella confezione scenografica e di una delle migliori colonne sonore mai composte da Ennio Morricone Gli Intoccabili è un film che si distingue per quella pregnante atmosfera da gangster-movie vecchia maniera in esso riproposta, atmosfera che in se stessa si rivela indiscutibilmente seducente.


Notevole fascino ma non altrettanto notevole spessore di trama per questo film, con l’aggravante aggiuntiva di aver trascurato un immenso Robert De Niro, che con più tempo scenico a disposizione sarebbe stato sicuramente in grado di conferire ben altra linfa a un opera spesso incensata con troppa generosità.