martedì 2 dicembre 2014

Cine Jazz&Blues [3]

Con questo finto documentario realizzato da Woody Allen alla fine degli anni '90 del XX secolo, continuiamo la rassegna dei film in cui si parla a vario titolo di jazz e blues e dei numerosi generi derivati da questi stili.

Accordi e disaccordi
 

Scritta e diretta nel 1999 da Woody Allen, “Accordi e disaccordi” è una pellicola che rientra nel genere del mockumentary, ovvero tra quelle opere che, nonostante si presentino come documentari veri e propri, sono imperniate su personaggi o vicende fittizie.
Questo lungometraggio, ben girato, interpretato da un cast molto affiatato di grandi celebrità, che si basa su un umorismo garbato e un'ironia particolare e ha come colonna sonora standard jazz di notevole fama, fa riflette sul rapporto tra quello che un artista mostra di se al suo pubblico e il suo vero essere.
Racconta la biografia immaginaria di Emmet Ray, personaggio donnaiolo e ubriacone interpretato da uno Sean Penn in stato di grazia, la cui figura, anche se è del tutto inventata, è ispirata in parte a quella della star del jazz belga di origine gitana Django Reinhardt.
Emmet è ossessionato dall'essere il secondo chitarrista più bravo al mondo, giudizio che, sebbene condiviso per onestà intellettuale e per la venerazione che nutre nei confronti dello stesso Reinhardt, al punto da svenire quando lo vede, non manca di mandarlo su tutte le furie.
Accanto a questo personaggio, che la natura ha dotato di geniale talento ma di una personalità bambinesca e immatura, si muovono due figure femminili che sono il risvolto della stessa medaglia.
Hattie, cui presta il volto l'attrice britannica Samantha Morton, una giovane ragazza muta che viene allontanata dal musicista nonostante dal loro incontro sembra poter nascere una relazione seria e Blanche, Uma Thurman, una donna altolocata innamorata del brivido dei bassifondi che dopo aver intrattenuto una relazione e sposato il protagonista scapperà con un gangster.
Quando si accorgerà di essere rimasto solo Emmet capirà che ha bisogno di provare amore per un'altra persona per essere felice e che il talento o il denaro non gli faranno ottenere approvazione ma solo invidia da parte di chi gli sta intorno.
Solo allora riuscirà a suonare come il suo idolo Django Reinhardt e a incidere i dischi più belli della sua carriera prima di sparire del tutto dalla circolazione.
Oltre che per il cast e la sceneggiatura, questo film merita di essere visto per numerose altre componenti tra cui spiccano la fotografia calda e avvolgente del cinese Zhao Fei, già collaboratore di Zhāng Yìmóu in “Lanterne Rosse”, che ha lavorato con Allen senza imparare una sola parola di inglese, e le scenografie di Santo Loquasto che ha ricreato in modo perfetto l'atmosfera dell'America rurale degli anni'30, della leggendaria 44esima strada di New York e dei jazz-club di Chicago.
Anche la colonna sonora, basata su brani originali di Django Reinhardt, di Joe Venuti ed Eddie Lang, riarrangiati e diretti dal pianista Dick Hyman ed eseguiti nelle parti per chitarra solista da Howard Alden dà infine valore aggiunto ad un'opera che sia agli amanti del buon cinema che chi si voglia rendere conto di quello che era l'ambiente musicale negli Stati Uniti dei primi decenni del novecento non si possono perdere.