lunedì 17 ottobre 2016

Zenith 666

Sceneggiatura: Luigi Mignacco
Disegni: Luigi Piccatto
Colori: Fabio Piccatto
Copertina: Alessandro Piccinelli
Editore: Sergio Bonelli Editore
Data di uscita: Ottobre 2016
N° Pagine: 98
Prezzo: € 3,20

Nel mese di ottobre del 1986, ha fatto il suo esordio nelle edicole italiane Dylan Dog, popolare serie a fumetti creata da Tiziano Sclavi per Sergio Bonelli Editore.
A trent'anni di distanza da questo evento, si è voluto rendere omaggio all'intellettuale di Broni e all'Old Boy oltre che sulla collana principale a lui dedicata, anche su un altro famoso serial di Bonelli, Zagor.
È noto infatti che Sclavi, prima di creare Dylan Dog, è stato uno degli sceneggiatori di punta dell'eroe creato da Guido Nolitta, pseudonimo dietro il quale si celava Sergio Bonelli, e da Gallieno Ferri per il quale ha scritto numerose indimenticabili storie, complesse e ricche di pathos, come, solo per citarne alcune: “Il tesoro maledetto”, “Lupo Solitario”, “Il signore nero”, “Devil Mask” e “Incubi”.
Per ironia della sorte poi, l'uscita di Zagor 666, la cifra della bestia del biblico libro di San Giovanni ma anche quella presente sulla targa del maggiolino di Dylan, è coincisa proprio con i festeggiamenti per il trentennale della realizzazione del primo tomo della testata che ha per protagonista l'indagatore dell'incubo.
Quale occasione migliore quindi per celebrare Tiziano Sclavi con un albo a colori dello spirito con la scure dal titolo “Zenith 666”, che combina i due universi di cui, per vari anni, lo scrittore pavese ha tessuto le fila?
L'arduo compito è toccato alla coppia formata da Luigi Mignacco, che ha prestato la sua penna sia al mondo dell'inquilino di Craven Road che a quello del re di Darkwood, e Luigi Piccatto, disegnatore dylandoghiano di lungo corso.
I due hanno dato vita ad un numero avvincente e dalle atmosfere cupe e misteriose, in cui per forza di cose a causa delle poche pagine a disposizione qualche forzatura è stata inevitabile, nel quale interagiscono tra loro molti dei personaggi creati da Sclavi per il cosmo zagoriano, interpreti però di situazioni che strizzano l'occhio all'universo dell'indagatore dell'incubo, del quale è presente anche un cameo.
Sul fronte dei disegni è riconoscibile lo stile densamente particolareggiato dell'autore astigiano.
Belle sia le tavole di azione, sempre ben studiate, che quelle più calme dove il segno elegante trasmette egregiamente le emozioni.
Il tutto è esaltato da una colorazione semplice ma mai banale realizzata da Fabio Piccatto.
Il fatto poi che il tratto sia molto diverso da quello degli artisti che solitamente si ammirano su Zagor, non sminuisce la bellezza di un albo che può essere considerato un ponte tra la tradizione, dettata da cinquantacinque anni di avventure, e quella modernità che sarebbe auspicabile per far conoscere e apprezzare il personaggio alle nuove generazioni.
Altro segnale di cambiamento è inoltre a bellissima ed evocativa cover di Alessandro Piccinelli, chiamato a sostituire il maestro ligure Gallieno Ferri nel ruolo di copertinista.
Alla luce di quanto scritto possiamo quindi affermare, senza paura di smentite, che queste numerose circostanze rendono lo “Zenith 666” un volumetto unico nel suo genere assolutamente meritevole di essere letto.

sabato 15 ottobre 2016

WEST & SODA


Tra i capolavori della settima arte del bel paese che nel 2015 hanno festeggiato anniversari importanti, rientra senza alcun dubbio “West & Soda” pellicola, prodotta e diretta da Bruno Bozzetto, che costituisce il primo lungometraggio d'animazione italiano a distanza di sedici anni dai capostipiti, “I fratelli Dinamite” di Nino Pagot e “La rosa di Bagdad” di Gino Domeneghini, e parodia e rilegge, con numerose citazioni e omaggi, il genere western.
Nonostante sia stata distribuita e sia uscita nelle sale cinematografiche italiane nel 1965, nel pieno del bum del western all'italiana, quest'opera può esserne considerata una precorritrice.
L'idea che sta alla base dei fatti narrati, suggerita a Bozzetto dall'amico e docente universitario Attilio Giovannini che ha firmato con lui la sceneggiatura, risale infatti al 1962 e la produzione è iniziata nel 1963, un anno prima di quella di “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone, considerato l'iniziatore ufficiale del filone, ma si è protratta per un biennio a causa delle difficoltà tecniche incontrate durante la realizzazione.
Questa brevemente la storia del film: in un piccolo villaggio, un ricco proprietario terriero, il Cattivissimo, vuole impossessarsi dell'unico terreno fertile della vallata che appartiene alla giovane Clementina, che ovviamente lo respinge.
Un giorno arriva al suo ranch Johnny, un cowboy che, nonostante sia contrario alla violenza, sarà coinvolto in un'epica battaglia per difendere la sua bella e riportare la pace nella cittadina.
Questo lavoro, che mette in ridicolo demitizzandoli tutti i luoghi comuni e i personaggi legati al selvaggio west, vede applicate le tecniche più classiche del cinema d'animazione.
L'intreccio è molto ritmato, vivace, avvincente ma essenziale così come lo sono i fondali, realizzati da Giovanni Mulazzani, le caratterizzazioni stilistiche dei protagonisti, la bella, l'eroe, gli scagnozzi,il cattivo, e le scene principali.
A sottolineare l'intento parodistico contribuiscono inoltre continui e spiazzanti cambiamenti di registro, divertenti battute pronunciate da animali parlanti, i nomi banalissimi affibbiati agli attori della vicenda e l'enorme tifo della folla, a favore del cowboy Johnny, nella scena finale della pellicola, in cui si anticipano molte delle trovate presenti in “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” di Mel Brooks.
Un'ultima curiosità degna di essere messa in evidenza è un riferimento agli autori che hanno affiancato Bozzetto nella realizzazione di questa pietra miliare.
Tra questi spicca Guido Manuli, qui all'inizio della sua collaborazione con il regista bergamasco, che, coadiuvato da Giuseppe Laganà, Franco Martelli, Sergio Chesani, Michel Fuzellier, ha realizzato sequenze da antologia e ha dato una personalità e un carattere ben preciso ad ognuno dei personaggi del film, caratteristiche che sono messe in evidenza anche dalla voce di alcuni dei più famosi doppiatori dell'epoca come Carlo Romano, Nando Gazzolo e Ferruccio Amendola.
Molto belle e d'effetto anche le musiche del direttore d'orchestra, compositore e arrangiatore meneghino Giampiero Boneschi che danno ritmo e risalto ai momenti salienti della trama di un capolavoro che fu trasmesso per la prima volta in televisione il 30 ottobre 1971 nella rubrica serale di Rai2 “Mille e una sera”.
Alla luce di quanto scritto possiamo quindi affermare, senza paura di smentite, che la visione di questo lungometraggio, nonostante risenta di alcune cadute di stile dovute al periodo in cui è stato realizzato, sia una buona alternativa a quella dei classici di Walt Disney e sia estremamente consigliata a tutti gli appassionati di buon cinema.

giovedì 6 ottobre 2016

Mater dolorosa

Sceneggiatura: Roberto Recchioni
Disegni: Gigi Cavenago
Copertina: Angelo Stano
Editore: Sergio Bonelli Editore
Data di uscita: Settembre 2016
N° Pagine:
98
Prezzo: € 3,20

Il 26 settembre del 1986 ha visto la luce nelle edicole italiane il primo numero di Dylan Dog, celeberrima serie stampata e distribuita da Sergio Bonelli Editore.
A trent'anni esatti da questa data, per festeggiare l'antieroe creato da Tiziano Sclavi, esce “Mater dolorosa”.
Scritta da Roberto Recchioni e disegnata, con il suo personalissimo stile pittorico, da Gigi Cavenago, questa storia, in cui sono presenti numerosi livelli di lettura, riprende i fili lasciati in sospeso nei numeri 100, “La storia di Dylan Dog”, e 280, “Mater Morbi”, aggiungendovi nuovi elementi, fa un parallelo tra l'esistenza presente e quella passata di Dylan e vede il ritorno di due antagonisti che daranno vita a coinvolgenti sottotrame che saranno fondamentali nel dipanarsi delle vicende: Mater Morbi e John Ghost.
Accanto ad un personaggio principale malato, stressato e apatico che vive il suo presente senza grandi aspettative e convinzioni infatti, si racconta quanto accaduto sul galeone che, nel 1686, fu teatro del famoso viaggio della famiglia del protagonista.
Nonostante ci siano molti cenni alle storie di Sclavi, di cui Recchioni sembra essere un grande appassionato, la forza dello sceneggiatore romano è stata quella di riuscire a dare un'impronta personale ad un'opera che, in tre decenni di vita, è passata dalle mani del suo ideatore a quelle di autori incapaci di comprenderla, e quindi rinnovarla, veramente, chiudendo tutti gli intrecci rimasti in sospeso.
Il riferimento a capolavori della letteratura, della musica e del fumetto, di cui sono presenti, all'interno del testo, varie citazioni, sono valori aggiunti ad un albo già di per se avvincente e ricco di pathos.
L'apparizione di due villain come Mater Morbi e John Ghost, presenti in ruoli tutt'altro che marginali, apre inoltre nuovi scenari per il futuro di Dylan Dog.
Degni di una menzione speciale sono i disegni di Cavenago, autore di una prova superlativa, che, con il suo inconfondibile stile, un misto di classicità e digitale, dà vita a un lavoro dalla grande leggibilità dove dinamismo ed espressività la fanno da padrone.
Le novantotto tavole di questo numero, grazie ad un uso dei colori che trasmette emozioni forti e contrastanti e a intuizioni visive dal grande impatto, rendono un'interpretazione grafica  dell'indagatore dell'incubo e del suo universo modernissima ma allo stesso tempo rispettosa della tradizione.
Un applauso va infine a Angelo Stano che ha realizzato una delle copertine più belle, elaborate e ricche di particolari della sua gestione.
Se proprio vogliamo trovare un difetto, che non sminuisce tuttavia la particolarità di questo bel volumetto, possiamo dire che il lettore occasionale, che poco conosce dei trascorsi del protagonista, non riuscirà a cogliere a pieno tutti i richiami e le strizzate d'occhio presenti in quest'avventura che, grazie al suo ritmo serrato, a numerosi colpi di scena e a vignette che sembrano quadri, terrà avvinto a se il lettore finché non avrà terminato anche l'ultima pagina.