martedì 2 febbraio 2021

La vera storia dell'avvelenata


Francesco Guccini
Raccontare la storia de L’Avvelenata è importante, non solo perché riguarda una delle canzoni italiane più belle di sempre, ma anche perché ci dice molto sul mondo della musica.
È  uno sfogo, un grido di insofferenza.
Guccini, in realtà, non voleva neanche includerla in un album ma limitarsi a suonarla dal vivo.
Nel 1974 ed esce Stanze di Vita Quotidiana.
Recensendo il disco nel 1975 sulla rivista Gong, un giovanissimo Riccardo Bertoncelli, stronca Guccini scrivendo che “se ne esce fuori con un disco all'anno, ma si vede che ormai non ha più niente da dire”.
La reazione è durissima.
Qualche mese dopo l’uscita dell'articolo, Bertoncelli viene a sapere che Guccini ha scritto una canzone su di lui.
Non solo: in un’intervista su Muzak, viene definito dal cantautore “uno che non capisce niente, uno di quelli che scrive ancora Amerika con la kappa”.
È a quel punto che Bertoncelli, spinto soprattutto dalla curiosità, decide di incontrare l’artista.
Guccini lo invita nella sua casa di Via Paolo Fabbri 43 e i due, finalmente, fanno conoscenza.
Con somma sorpresa di entrambi, scoprono di piacersi e di avere interessi in comune.
Ma il nodo deve venire al pettine.
Così, dopo i convenevoli, Guccini suona dal vivo L’Avvelenata a Bertoncelli, spiegandogli di averla scritta di getto, in treno, in reazione a quella recensione.
Quel pezzo era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso di un periodo complicato, teso, in cui Guccini da “personaggio pubblico”, si sentiva trasformato in “prigioniero pubblico”. 
Dopo aver suonato L’Avvelenata, Guccini si propone di togliere il nome di Bertoncelli, ma il critico si rifiuta categoricamente, dicendo che ormai, dopo essersi conosciuti, quell’omissis non avrebbe avuto più senso.
In ogni caso, il cantante lo rassicurò che quella canzone non sarebbe mai finita su un disco.
La storia ci insegna che andò diversamente e che L’Avvelenata divenne il pezzo di punta di Via Paolo Fabbri 43.
La formazione è quella di tutte le altre composizioni dell’album, con Ellade Bandini alla batteria (quella cassa ovattata e leggera che dà al pezzo un ritmo andante e timidamente carico), Ares Tavolazzi al basso e lo stesso Guccini alla chitarra acustica.
Gli arrangiamenti, come recita il retro di copertina del 33 giri, sono “condotti da Pier Farri su idee musicali di F. Ceccarelli e Ares Tavolazzi”.