Il pulp è un genere letterario che propone vicende dai contenuti forti abbondanti di crimini violenti, efferatezze e situazioni macabre.
Con questo articolo si vuole proporre un breve excursus su questa corrente e analizzare le modalità e il contesto storico in cui è fiorita.
Con questo articolo si vuole proporre un breve excursus su questa corrente e analizzare le modalità e il contesto storico in cui è fiorita.
Riviste Pulp |
Il genere pulp, a cui ai giorni nostri va tanto di moda riferirsi con poca cognizione di causa, nasce negli Stati Uniti nei primi anni ‘20 del ‘900 con romanzi e racconti lunghi pubblicati a puntate su riviste, le cosiddette Pulp Magazine.
Il nome di queste pubblicazioni, ricordate principalmente per le storie che presentavano, sfacciate, violente e qualche volta oscene e per le loro copertine sexy o raccapriccianti, il cui prezzo variava dai dieci centesimi al quarto di dollaro, deriva dalla carta con cui venivano stampate, ottenuta dalla polpa dell’albero, in inglese pulp, e quindi di qualità più scadente rispetto a quella ottenuta dal resto del tronco.
Le riviste pulp spesso contenevano un’ampia varietà di generi, tra cui il poliziesco, il fantascientifico, il western, l’erotico, l’horror e il noir.
È negli anni ‘30 che il genere conosce il suo apice con riviste storiche come: Weird Tales e The Strand.
Molti romanzi classici della fantascienza e del giallo infatti, dal linguaggio, dalle ambientazioni e dalle trame più crude rispetto a quelli che si leggevano precedentemente, sono stati pubblicati originariamente a puntate su riviste famose di questo periodo come la già citata Weird Tales, Amazing Stories e Black Mask e decine di autori, che oggi sono considerati maestri della letteratura americana, come Howard Phillips Lovecraft, Dashiell Hammett, Clark Ashton Smith, Raymond Chandler e Robert Ervin Howard, hanno cominciato le loro carriere vendendo racconti e romanzi brevi agli editori di queste pubblicazioni.
In Italia questa corrente è stata riscoperta a metà degli anni ‘90 quando un gruppo di giovani scrittori, etichettato con la definizione di “cannibali” per il crudo ed efferato realismo dei loro romanzi, ha rivisitato in chiave contemporanea il genere letterario “pulp”.
Il primo passo di questa riscoperta è la pubblicazione nel 1996 da parte di Einaudi, a cura del saggista ed editor Daniele Brolli, di “Gioventù cannibale”, libro molto riuscito nel panorama della letteratura di genere del bel paese, un’antologia che raccoglie dieci racconti di autori italiani, che esplorano questo genere letterario in maniera molto diversa tra loro, riuscendo, chi più e chi meno, a regalare un quadro piuttosto sconfortante della nostra società.
Tra questi intellettuali spiccano personalità del mondo letterario e della comunicazione come: Niccolò Ammaniti e Luisa Brancaccio, Alda Teodorani, Aldo Nove, Daniele Luttazzi, Andrea G. Pinketts, Massimiliano Governi, Matteo Curtoni, Matteo Galiazzo, Stefano Massaron, Paolo Caredda, la maggior parte dei quali al proprio esordio letterario.
Altri scrittori che per tematiche e linguaggio si possono accostare a questa corrente sono: Giuseppe Caliceti, Enrico Brizzi, Tiziano Scarpa e Isabella Santacroce.
Questi narratori giovani e giovanissimi, sono nati per la maggior parte negli anni ‘60 e ‘70, giocano con la scrittura, sperimentano nuovi codici: frasi corte, scene violente, personaggi dalla psicologia impenetrabile e complessa e situazioni grottesche che sfiorano il limite del verosimile.
Ai modelli letterari, che comunque rimangono prevalentemente americani, adorano Stephen King e Joe Lansdale, vengono preferiti i nuovi media: televisione, fumetti e videogames che questi autori conoscono moto bene ed a cui la loro scrittura si ispira.
Quello che ne viene fuori è una letteratura diversa rispetto alle correnti precedenti per linguaggi e tematiche, un fenomeno sociologico oltre che letterario, perché è dalla società che vengono attinti trame e linguaggi narrativi, che poco hanno a che fare con l’italiano alto.
Anche le citazioni, dove ci sono, vengono ripescate nella cultura popolare, negli spot pubblicitari, nei film, nei cartoni animati e nei videogiochi.
Questo accade perché questi scrittori sono nati, per la maggior parte, verso la fine degli anni ‘60, in pieno boom economico e quindi sotto il segno della televisione e del consumo sfrenato.
Non è un caso dunque che questa generazione di autori utilizzi il linguaggio della pubblicità, il turpiloquio dei talk show televisivi, o le espressione gergali comuni tra le bande di quartiere e che, al posto di descrizioni paesaggistiche evocative, vengano preferiti spazi come cinema, grandi magazzini e centri commerciali.
Da ciò si evince che il genere pulp, definito da molti critici bacchettoni una “moda”, è invece una tendenza della società attuale, che trova sempre più spazi tra diversi generi artistici, pittura, letteratura, musica, cinema, fumetto.
Non sono spazi autonomi, ma comunicanti, che favoriscono l’interazione tra le arti, quasi a sottolineare un’aspirazione alla multimedialità che, nell’epoca dei computer e di internet, sta pian piano cambiando il modo di fruizione dell’opera stessa.
Un’ultima curiosità da mettere in evidenza per chiudere questo breve excursus su questa corrente è che erroneamente oggi si tende a indicare con il termine pulp tutti quelle pellicole che propongono contenuti forti e che abbondano di crimini violenti ed efferatezze, in particolar modo dopo l’uscita nel 1994 del film Pulp Fiction di Quentin Tarantino, anche se in realtà nel mondo del cinema ciò che viene considerato pulp dovrebbe essere chiamato exploitation, essendo il pulp un genere più propriamente letterario.
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