sabato 20 aprile 2013

Topolino e la promessa del gatto

Sceneggiatura: Francesco Artibani
con la supervisione di Andrea Camilleri
Disegni: Giorgio Cavazzano
Colori: Mirka Andolfo
pubblicata su Topolino 2994
Data di uscita: Aprile 2013
N° Pagine: 39
Prezzo: € 2,40

A pochi giorni dal lancio degli episodi della nona stagione della serie televisiva “Il commissario Montalbano”, ispirata ai romanzi gialli di Andrea Camilleri, The Walt Disney Company Italia rende omaggio al noto personaggio letterario con un'avventura molto bella e particolare.
Nel numero 2994 del settimanale a fumetti Topolino, uscito nelle edicole italiane il 16 aprile 2013, compare infatti la storia dal titolo “Topolino e la promessa del gatto”.
Il racconto, disegnato da Giorgio Cavazzano con il suo inconfondibile tratto, una sintesi perfetta tra comico e realistico, valorizzato dai colori della bravissima Mirka Andolfo, scritto da Francesco Artibani, che ha curato ogni particolare del testo rendendo la sceneggiatura suggestiva e ricca di tensione, e supervisionato dallo stesso Camilleri, che appare in un cameo interpretando il signor Patò, padrone di una pensione e ospite impeccabile, è ambientato in Sicilia tra la valle dei templi e il paese immaginario di Vigatta e vede Topolino affiancare il commissario Salvo Topalbano, parodia del celebre poliziotto con tanto di nasetto ed orecchie, in un'indagine di rapimento.
Se all'inizio tra i due, per diversità culturale e di metodi di investigazione, non c'è feeling, in seguito collaboreranno all'unisono per risolvere una vicenda intricata che li vede contrapposti ad un gruppo di pericolosi criminali.
Grazie a questa intesa Topolino, e con lui il lettore, avrà modo di apprezzare un paese con i suoi meravigliosi panorami e le sue enormi contraddizioni, di entrare in contatto con le tradizioni del luogo e di imparare qualche parola del dialetto del posto.
Oltre alla poetica, alle atmosfere e al linguaggio propri dei libri dello scrittore di Porto Empedocle, resi alla perfezione da Artibani, ai due protagonisti, alle meravigliose ambientazioni e ai paesaggi della Sicilia, disegnati con dovizia di particolari da Cavazzano, in questa storia si ritrovano anche i personaggi che compongono il gruppo che coadiuva Montalbano nelle inchieste che hanno fatto amare le sue imprese da milioni di lettori in tutta Europa, anche loro resi personaggi dei fumetti.
Il braccio destro del commissario, l'agente Domenico “Mimì” Augello, diventa così Ninì Cardillo, l'ispettore Fazio si trasforma in Strazio e il centralinista Catarella, che ha il difetto di storpiare tutti i nomi e di parlare in un linguaggio tutto suo, in Quaquarella.
A questi si contrappone il boss Totò Sinatra che con i suoi tirapiedi, tra cui spiccano Prorunasu e Facciaesantu, nomi che richiamano quelli dei due briganti che affiancano il protagonista Rinaldo Dragonera nella commedia musicale di Garinei e Giovannini “Rinaldo in campo” portati in scena per la prima volta dai comici Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, causerà non pochi problemi a Topalbano e alla sua squadra.
Inutile dire che, nella più classica tradizione disney, il lieto fine è assicurato.
Alla luce di quanto scritto, per il suo mix estremamente equilibrato tra sceneggiatura e disegni, si può quindi affermare che la lettura di questa avventura sia consigliata non solo agli amanti del buon fumetto ma anche agli appassionati di letteratura gialla e ai numerosi fans di Andrea Camilleri.

lunedì 15 aprile 2013

Esterina - diferoedibotte (2008)

Esterina
esterina diferoedibotte (2008)
Nopop AS0002
12 brani – Durata 50’ 21’’

"Mia nonna si chiamava Esterina, veniva da un piccolo paesino fra i monti della mia terra e ogni mattina alle prime luci dell’alba si infilava un paio di stivali marroni logori, lacerati dal tempo e dalla fatica quotidiana e andava a lavorare i due ettari di terra che i suoi genitori, entrambi contadini, le avevano lasciato".

Con queste parole si presenta Fabio Angeli, chitarrista, cantante e leader degli Esterina, gruppo, formato oltre che da lui da altri validi elementi come: Giovanni Bianchini alla batteria, Giovanni Butori al basso, Alessandro Frediani al vibrafono, diamonica, theremin, synth e campionamenti e Massimiliano Grasso alle tastiere, fisarmonica ed elettronica, il cui esordio discografico, “diferoedibotte”, è uscito nel maggio del 2008, prodotto da Guido Elmi per l’etichetta bolognese Nopop e distribuito da EMI.
Esterina, band nata nel 1994 a Massarosa, piccolo paese della Toscana a ridosso della Versilia, prima di essere Esterina è stata per dodici anni Apeiron.
Con questo nome il quintetto toscano ha attraversato un decennio di musica, ha cercato nel rock le proprie ragioni e allo stesso tempo è andato molto oltre.
All’inizio della loro attività musicale infatti, si poteva rintracciare nei brani della band massarosese richiami a gruppi come The Doors, King Krimson e Area.
Successivamente gli interessi ed i punti di riferimento si sono frammentati in un orizzonte più vasto, eterogeneo e meno imitatorio, a vantaggio di una poetica personale che si è sviluppata nella ricerca formale e comunicativa intorno e oltre la forma canzone.
Questo modo di fare musica ha dato origine ad un album in cui l’ascoltatore si confronta con brani in cui una struttura musicale che riesce a combinare con naturalezza la capacità di rottura e la grazia della canzone d’autore italiana, l’immediatezza e la malinconia delle ballate popolari, intagli e accelerate elettriche che si impastano a battiti sintetici, ottenuta con strumenti propri di un trio rock, batteria, chitarra elettrica e basso, miscelati ad elettronica, sintetizzatori analogici, theremin, vibrafono e fisarmonica, fa da sfondo e da commento a testi che mischiano in modo sapiente la lingua italiana ad espressioni ed inflessioni proprie della terra toscana.
Le dodici pregevolissime tracce di cui si compone il CD, potenti e sentite che costituiscono una denuncia verso la società e un attaccamento a valori autentici, si focalizzano su un’analisi lucida della superficialità del mondo moderno, che si contrappone all’autenticità e alla semplicità dell’uomo di campagna.
Ciò è evidente nella trascinante “Razza di conquista”.
Ma soprattutto parlano di capacità d’indignazione, come in “Senza resa”, e di personaggi finti che hanno nella convenienza e nell’accumulo di credito la loro ragione di vita come quelli che sono dipinti nel brano “Baciapile”.
Alla luce di quanto scritto si può quindi affermare, senza paura di smentite, che questo degli Esterina è un disco d’esordio che difficilmente passerà inosservato e augurarci che gruppi come questi si affaccino sempre di più nel panorama musicale italiano.

sabato 6 aprile 2013

I capolavori dell'animazione [2]

Ghost in the shell


Ghost in the shell è un lungometraggio d’animazione giapponese che ha conquistato numerosi premi e riconoscimenti in tutto il mondo.
Capolavoro del 1995 tratto dal manga di Masamune Shirow, diretto dal famoso regista Mamoru Oshii e realizzato dalla Production I.G, uno dei più noti studi del sol levante responsabile tra le altre cose anche delle sequenze animate di Kill Bill vol. 1, il film, la cui trama ruota intorno all’indagine compiuta da una sezione della polizia giapponese alla ricerca di un hacker, è ambientato nell’anno 2029 dove la rete informatica la fa da padrona e dove macchine e uomini convivono.
In questo mondo ciò che differenzia l’uomo dalla macchina è ciò che viene definito ghost, l’essenza principale dell’animo umano che riempie con lo spirito vitale lo shell, il guscio, l’involucro robotico.
Protagonista della vicenda è il maggiore Motoko Kusanagi, agente speciale della Sezione 9 unità anti terrorismo cibernetico dipendente direttamente dal governo, che, coadiuvata dalla sua squadra, cerca di incastrare il Signore dei Pupazzi, un criminale che agisce sulla rete e che, per commettere i propri crimini, manipola le menti di ignare persone.
All’indagine si aggiunge anche un complotto politico, utilizzato per nascondere la vera natura del malvivente, che i componenti della squadra devono sventare.
Motoko Kusanagi, che presenta forti innesti meccanici nel suo corpo, sta attraversando un periodo di crisi di identità in quanto si sta chiedendo quanto di umano e quanto di macchina ci sia in lei.
I suoi dubbi e i suoi dilemmi trovano una risposta allorché la sezione si imbatte finalmente nel Signore dei Pupazzi, una coscienza cibernetica auto generatasi all’interno delle IA della rete a seguito di un programma virus del governo americano, che tenta di mettersi in contatto con il maggiore per fondersi con lei e dar vita ad una nuova stirpe di creature adatte al nuovo mondo tecnologicizzato
Mamoru Oshii, regista che ha una certa esperienza nel campo della fantapolitica e che ha firmato la regia dei due film animati di Patlabor, di buona parte degli episodi della serie televisiva di Uruseiyatsura, nonché di alcuni film dal vero, riesce a districarsi molto bene tra gli intrecci della trama, delineando con credibilità i vari personaggi che si avvicendano nella storia.
Rispetto al manga, in cui si dà spazio anche a momenti sentimentali e comici, si può affermare che l’anime abbia un’atmosfera molto più cupa.
Inoltre in Ghost in the Shell abbonda la violenza sottoforma di sparatorie, corpi frantumati e fiumi di sangue.
Oshii riesce tuttavia a equilibrare i tempi dell’azione frenetica e del dialogo tagliente e si pone una domanda angosciante: se la tecnica è in grado di creare androidi, capaci di ricordare e quindi di interrogarsi sulla propria identità, cosa rimane a distinguere un uomo da un cyborg?
Tecnicamente Ghost in the Shell è ineccepibile.
I fondali sono vere e proprie opere d’arte, riproduzioni quasi fotografiche di una città giapponese del prossimo futuro.
L’animazione è realistica e fluida e il character design è opera dello stesso Hiroyuki Okiura che ritroviamo in Spriggan e Perfect Blue.
L’uso della CG non è mai eccessivo: buona parte del fascino visivo di Ghost in the Shell è dovuto alle capacità degli animatori.
Per quanto riguarda le musiche, Kenji Kawai, se mai ce ne fosse bisogno, riesce a dare con le sue sonorità ancora più cupezza all’anime.
Alcune scene poi, come l’assalto finale al mech, sono rimaste nell’immaginario di tutti gli appassionati di animazione giapponese.
Cosa aggiungere?
Il fatto che i fratelli Wachowsky ne abbiano attinto a piene mani per la loro trilogia di Matrix, dice davvero tutto.