lunedì 30 gennaio 2012

Chico & Rita


Proiettato nell'ambito di DOCartoon il disegno della realtà, festival del documentario d'animazione e del fumetto non fiction organizzato e diretto da Lawrence Thomas Martinelli, che si è svolto a Pietrasanta, cittadina della provincia lucchese, dal 24 al 30 settembre 2011 e candidato all'Oscar 2012 nella cinquina che concorrerà al miglior film d'animazione, “Chico & Rita” è un interessantissimo cartone animato per adulti coprodotto da Inghilterra e Spagna.
Diretto da un team composto dal regista Fernando Trueba, vincitore dell'Oscar nel 1994 per il film “Belle époque”, da Tono Errando e dall'acclamato designer e artista visuale spagnolo Javier Mariscal e sceneggiato da Trueba stesso con lo scrittore Ignacio Martinez de Pison, questo film, che si svolge tra l'Avana e New York a cavallo fra gli anni '40 e '50, racconta, tra jazz e romanticismo ma anche tra angoscia e tormento, le vicende che ruotano intorno al pianista Chico, alla cantante Rita e alla loro attività di autori e interpreti.
Attorno alla musica infatti, si svolge la travagliata storia d'amore dei due che, nel corso della narrazione, li vedrà, protagonisti del panorama del latin jazz cubano, dal sensuale contesto dell'isola caraibica arrivare fino ai palcoscenici della sfarzosa New York, litigare, separarsi e ritrovarsi dopo molti anni.
Accompagnano questo seducente e affascinante lungometraggio bellissimi brani, dai trascinanti ritmi, di musicisti come: Dizzy Gillespie, Cole Porter, Thelonious Monk e Amadito “Bebo” Valdès, percussionista compagno di Ibrahim Ferrer e Compay Segundo nei Buena Vista Social Club e autore della colonna sonora della pellicola.
A lui è ispirato il personaggio di Chico.
Quest'opera, che mostra una precisa ricostruzione del panorama musicale nord e sud americano degli anni '40 e '50 e uno spaccato molto fedele della rivoluzione cubana, prima di approdare negli Stati Uniti ha fatto il giro dei festival cinematografici di tutto il mondo riscuotendo enorme successo e ha scalzato dalla corsa all'Oscar pellicole illustri come il seguito di “Cars” della Pixar, campione di incassi in tutto il mondo, e il Tintin in 3D di Spielberg.
Un'altra particolarità che riguarda “Chico & Rita” sta nel fatto che, il film, è stato realizzato, con un budget di poco inferiore ai 10 milioni di euro, usando la tecnica del rotoscoping, ovvero il disegno su scene dal vivo interpretate da attori reali.
Queste immagini, girate in varie e suggestive location come Cuba, Spagna, Ungheria e Isola di Man, sono state trasformate in animazione da sei equipe di disegnatori dislocate in tre continenti dopo una lunga lavorazione durata tre anni.
Il film, da cui traspaiono anche sentimenti estremi come l'amore folle, la passione, l’ambizione e l’orgoglio, sorprende per la naturalezza con cui sono stati ricreati scenari, atteggiamenti e atmosfere, romantiche, oniriche e festose, che fanno parte di un passato lontano ma estremamente attuale.
A testimonianza della bellezza e della particolarità di questa pellicola poi, ci sono i numerosi premi che ha vinto.
Oltre alla candidatura all'Oscar 2012 come miglior film d'animazione infatti, nel 2011 “Chico & Rita” si è aggiudicato sia il Premio Goya per la stessa categoria che gli European Film Awards.
Alla luce di quanto scritto si può quindi affermare, senza paura di smentite, che questo lungometraggio delizierà sia gli appassionati di animazione che quelli di jazz e di ritmi latini e che, per la sua intensità, profondità e bellezza non ci sarebbe da meravigliarsi se, in barba ai colossi contro i quali concorre, si aggiudicasse anche l'Oscar.

domenica 15 gennaio 2012

Cine Jazz&Blues [2]

Il lungometraggio di cui parlerò in questa nota, che con "La storia infinita" è uno dei film che ho visto più volte in assoluto, è stato definito in molti modi: punto di riferimento della comicità demenziale, vero e proprio monumento della black music, pellicola culto, kolossal, fenomeno di costume. 


The Blues Brothers


"The Blues Brothers" è una commedia musicale diretta da John Landis e interpretata da John Belushi e Dan Aykroyd.
Il film, costato circa 30 milioni di dollari, è uscito nelle sale nel 1980, inizialmente stentando al box-office.
In poco tempo, tuttavia, si è formato un vero e proprio culto intorno alla pellicola grazie al favore dei critici di tutto il mondo ed il lungometraggio, con il suo cast di musicisti e cantanti, una trama che lo rende uno show musicale a tutti gli effetti e protagonisti come Belushi ed Aykroyd, è entrato di diritto nella storia del cinema.
I due comici interpretano i fratelli Jake “Joliet” ed Elwood Blues, personaggi inconfondibili nelle loro tenute nere e negli occhiali da sole Ray Ban, inventati ai tempi delle loro prime collaborazioni al celebre show televisivo statunitense Saturday Night Live.
Modello inimitabile di road movie musicale, la commedia è totalmente imbevuta del più trascinante blues e dei suoi derivati: rhythm & blues, rock and roll e soul, con una divertente incursione persino nel country & western.
La vicenda raccontata è pretestuosa e beffarda e recupera lo spirito del precedente lavoro di Landis, "Animal House", nel quale già si era presentato al pubblico, con la sua formidabile carica umana ed energia comica, il grande John Belushi.
Con l’impassibile e apparentemente pacato Dan Aykroyd, che firma la sceneggiatura del film insieme al regista John Landis, va a buon fine anche l’impresa di trovare una spalla efficace per il colosso Belushi.
La divisa da finti businessmen, costituita da un completo nero con cravatta nera e camicia bianca e da occhiali e cappello nero, che i due “fratelli blues” non si tolgono mai neanche nella sauna poi, è un’icona riconoscibile per i due protagonisti al punto da essere stata adottata moltissime altre volte da registi e produttori di programmi televisivi come marchio di fabbrica per i loro personaggi.
Questa in breve la storia del film: dopo l’uscita di prigione, Jake Blues e il fratello Elwood vanno a visitare l’orfanotrofio dove sono cresciuti e scoprono che naviga in cattive acque.
Se non si riusciranno a trovare entro undici giorni i 5.000 dollari di tasse arretrate da pagare infatti, la struttura sarà costretta a chiudere.
I due fratelli Blues di fronte a questa notizia non possono rimanere indifferenti, così iniziano la loro “missione per conto di Dio”.
Decidono di riunire i componenti della loro vecchia band musicale per un concerto che raccolga i fondi necessari.
Tutti gli ex componenti del gruppo si sono sistemati in altre attività ma non sanno resistere al richiamo del blues.
Tornano a suonare insieme incrociando strani personaggi e cantanti famosi e combinandone di tutti i colori.
I due fratelli riusciranno a procurare i soldi necessari e, dopo un gigantesco inseguimento in auto durato una notte intera, arriveranno all’ufficio delle imposte in tempo per salvare l’Istituto dalla chiusura.
Nel film recitano, oltre ai due comici, grandi nomi della musica alcuni, come: Aretha Franklin, Cab Calloway, Ray Charles e James Brown nella parte di personaggi del film altri, come John Lee Hooker, interpretando loro stessi.
Questi grandi artisti con la Blues Brothers band, gruppo creato per l’occasione ma che esiste tutt’oggi, hanno interpretato tutti i brani della pellicola dando vita a quella che è stata considerata la colonna sonora più famosa della storia del cinema.
Del ricco cast oltre ai musicisti fanno parte anche amici di John Landis come Steven Bishop, che ha collaborato alla colonna sonora di "Animal House", registi come Steven Spielberg, Frank Oz e lo stesso Landis, che regala agli spettatori una breve apparizione stile Hitchcock e personaggi vari come l’ex modella e icona degli anni ‘60 Twiggy e l’attrice Carrie Fisher, la principessa Leyla di Guerre stellari.

venerdì 13 gennaio 2012

Cine Jazz&Blues [1]

In questa sede sono a parlare di un lungometraggio, opera di uno dei registi americani più rappresentativi dell'ultimo trentennio, che analizza la vita tormentata e la folgorante carriera di uno dei sassofonisti jazz più talentuosi che la musica statunitense abbia mai espresso.


Bird


Prodotto e diretto da Clint Eastwood e scritto da Joel Oliansky, “Bird” è un film del 1988 che narra la travagliata esistenza e l'opera del sassofonista statunitense Charlie “Bird” Parker passato alla storia oltre che per la sua tecnica eccelsa, che pochi sono riusciti ad eguagliare, come esponente e padre fondatore, insieme al trombettista Dizzy Gillespie, del be-bop, stile del jazz, eseguito in prevalenza da musicisti neri, che si sviluppa nei locali della 52ma strada della New York degli anni '40 del '900.
In questo lungometraggio, da cui traspare il grande amore di Eastwood per la musica, ricorrendo alla tecnica del flashback si racconta, nello spazio di poco meno di tre ore, la folgorante carriera, ma soprattutto la tormentata vita, di uno dei più grandi geni che la musica americana abbia mai espresso.
Vengono mostrati così allo spettatore, senza rispettare una cronologia temporale definita ma procedendo secondo libere associazioni in modo da non smitizzare una leggenda come Parker riducendolo a “semplice” uomo problematico, episodi salienti della vita del sassofonista statunitense come: i grandi successi musicali, la schiavitù di droga e alcol, il rapporto con la moglie Chan, interpretata da una superba Diane Venora, la morte di una figlia e un tentativo di suicidio tramite l'ingestione di tintura di iodio.
L'attore texano Forest Whitaker, famoso per aver preso parte, oltre a questa, a pellicole famose quali “Platoon” e “Il colore dei soldi” poi, sembra nato per interpretare il ruolo di Parker.
Con quella sua faccia perennemente imbarazzata e la figura imponente riesce magistralmente ad immedesimarsi nel personaggio e ad esaltarne l’umanità e l'estrema fragilità.
Contribuisce inoltre a dare drammaticità all'opera ed a simboleggiare la tragicità della vita del famoso musicista il contesto, dovuto alla fotografia di Jack N. Green, artista il cui nome è legato a doppia mandata all'opera di Clint Eastwood, quasi sempre notturno e piovoso orchestrato su una tavolozza cromatica cupa, raramente rischiarata come nelle sequenze delle nozze ebraiche a Brooklyn, una delle più belle del film, del funerale dell'artista, o nel capitolo solare e allegro della tournée del quintetto di Parker nel profondo Sud degli Stati Uniti.
Oltre al lavoro denso di phatos di Green sono da menzionare anche le meravigliose scenografie di Edward Carfagno e Thomas Roysden, che hanno ricostruito completamente in studio la 52ma strada della Manhattan degli anni '40, e le musiche del sassofonista e compositore Lennie Niehaus che, aiutato dall'elettronica, è riuscito a isolare gli assolo di Bird, a suo tempo incisi su disco, oltre a qualche inedito, e a inserirli in nuove cornici orchestrate per l'occasione.
A testimoniarne la bellezza e la particolarità di questa pellicola ci sono infine i numerosi premi che ha vinto.
Presentato in concorso al 41° Festival di Cannes, “Bird” è stato insignito del Grand Prix tecnico per la qualità della colonna sonora ed è valso a Forest Whitaker il premio per la miglior interpretazione maschile.
Diane Venora, attrice che interpreta la devota moglie del protagonista Chan Parker, è stata premiata come Miglior Attrice non Protagonista dai New York Film Critics mentre le musiche di Lennie Neihaus, che mescolano sapientemente le registrazioni dal solista di Charlie Parker a suoni di musicisti moderni, hanno meritato l'oscar per il suono.
Alla luce di quanto scritto quindi, si può affermare che la figura di Charlie Parker che emerge dal film di Clint Eastwood sia molto distante da quella dell'artista maledetto per cui è stato fatto passare e consigliare la visione di questa pellicola non solo agli amanti del buon cinema ma anche a quelli della musica jazz.

giovedì 12 gennaio 2012

Cine JAzz&Blues

Era il 1927, quando la parola “jazz” fece la sua prima apparizione sugli schermi cinematografici nel primo film sonoro della storia del cinema “The Jazz Singer”, in Italia tradotto letteralmente: Il cantante di jazz, diretto da Alan Crosland.
Da allora il connubio tra la musica jazz e blues e il cinema si è consolidato.
Molte pellicole hanno infatti preso spunto da questo genere musicale e dalle biografie degli artisti maledetti che ne affollano la storia.
In questa sede pertanto mi occuperò, tramite recensioni e notizie di vario genere, di tutti quei filmi o documentari in cui si parla a vario titolo di jazz e blues e dei numerosi generi derivati da questi stili.

lunedì 9 gennaio 2012

Sogno n°1

Geoff Westley, Fabrizio De André
Sogno n°1 (2011)
Nuvole Productions / Sony Music
10 brani

Fra le novità discografiche del 2011 ha ricevuto grandi consensi l'album “Sogno n° 1”, un omaggio in veste sinfonica alla voce e alle opere di Fabrizio De Andrè da parte della London Symphony Orchestra, una delle più importanti orchestre del Regno Unito, diretta dal pianista e produttore discografico inglese Geoff Westley.
Questo CD, registrato presso l'AIR Studio e gli Abbey Road Studios di Londra e uscito nel mese di novembre, contiene infatti dieci brani del cantautore e poeta genovese, reinterpretati con grande sensibilità artistica e rivisitati in chiave classica dall'ensemble britannico.
La particolarità di questo progetto, a cui hanno collaborato anche la vedova di De Andrè Dori Ghezzi e il Coro Costanzo Porta di Cremona, condotto dal maestro Antonio Greco, che ha fornito il suo apporto nelle tracce “Laudate hominem” e “Disamistade”, sta nel modo in cui sono state prese le parti cantate, ovviamente con un tempo diverso da quello della musica classica, e, dopo un mastodontico lavoro sul suono, sono state sovrapposte a partiture orchestrali originali arrangiate per l'occasione dallo stesso Westley.
Tutto questo è evidente nei brani che compongono la ricca e variegata tracklist del disco tra cui spicca “Preghiera in gennaio”.
Questa canzone, dedicata alla scomparsa del cantautore piemontese Luigi Tenco, costituisce un perfetto biglietto di presentazione dell'intera nuova sonorizzazione.
Altri pezzi molto belli sono le versioni cameristiche di “Hotel Supramonte” e “Disamistade”, omaggio alla Sardegna, seconda casa di Faber, e la splendida “Tre Madri” dove l'intensità dell'interpretazione di De Andrè viene moltiplicata nella sua efficacia dalla partitura orchestrale.
Un'altra peculiarità di questo album è la presenza al suo interno di particolari, rispettosi, cauti ed eleganti duetti virtuali.
In alcuni brani come in “Anime salve”, nelle parti che nella versione originale sono state interpretate da Ivano Fossati e in “Valzer per un amore” infatti, gli ascoltatori sentiranno De Andrè cantare con Franco Battiato e Vinicio Capossela.
Se proprio vogliamo cercare il pelo nell'uovo, l'unica nota di demerito, che tuttavia non toglie fascino e mordente a questo disco molto bello, è che, sebbene tecnicamente l’esecuzione dei musicisti sia impeccabile, l'orchestra in alcuni momenti sovrasta la voce di De Andrè disturbando l'ascolto di alcune canzoni.
Alla luce di quanto scritto, possiamo affermare quindi, senza paura di smentite, di trovarci di fronte ad un lavoro imponente, importante e molto particolare di cui è indicato l'ascolto in ugual misura sia agli appassionati di musica sinfonica, che a quelli di musica leggera.