lunedì 21 ottobre 2013

Per un pugno di dollari

In questo post mi vorrei soffermare sul primo film di cui abbia un ricordo preciso, un'opera che mi ha fatto comprendere a pieno le potenzialità del media cinema.


Fare qualcosa di nuovo nel cinema è piuttosto "inusuale".
Grandi film come "Quarto potere", "Ladri di biciclette" e "Nashville", opere di geni che sono state fonte di ispirazione per moltitudini di registi più giovani, sono molto pochi.
"Per un pugno di dollari" appartiene di diritto a questa categoria.
Prima di questo film, infatti, regnava il western americano.
Nonostante ne fossero stati girati molti in Italia, questi non sembravano discostarsi molto da quelli statunitensi.
La situazione però cambiò dopo che "Per un pugno di dollari" fu realizzato.
Presto, infatti, molti registi si ispirarono alle tecniche di Sergio Leone e molti film di un nuovo genere che fu chiamato “spaghetti western”, uscirono in quegli anni nelle sale.
"Per un pugno di dollari" è quasi il rifacimento scena per scena del film di Akira Kurosawa "Yojimbo", conosciuto in Italia col titolo "La sfida del samurai".
La trama di questo lungometraggio parla di un samurai che arriva in una città lacerata da due bande di combattenti, appartenenti a due famiglie rivali.
Il samurai li mette gli uni contro gli altri, aiuta una famiglia a fuggire e alla fine distrugge quasi tuta la città e scappa con del denaro.
Cambiate il samurai con un pistolero, cambiate il villaggio giapponese con una piccola cittadina del west e avrete "Per un pugno di dollari".
Leone prende in prestito da Kurosawa anche i set affollati, la calma che pervade il film, l’uomo senza nome, l’uso della musica per rimpiazzare i dialoghi ed infine la fotografia lenta propria del regista giapponese.
Nonostante ciò, "Per un pugno di dollari" non è una semplice copia de "La sfida del samurai".
Il regista romano usa perfettamente le tecniche di Kurosawa, ma adotta anche elementi propri del suo stile: rapide zoomate, primi piani e occhi socchiusi.
Come western inoltre il film infrange un gran numero di regole.
Non ci sono indiani, l’uomo senza nome, grazie a dio, non suona la chitarra e non canta canzoni.
L’eroe buono del film, inoltre, è spietato e affamato di denaro come i cattivi e la sola differenza che esiste fra lui e quest’ultimi è che l’uomo senza nome risparmia gli innocenti.
Il film è più violento delle pellicole di quel genere che si erano visti fino a quel momento, Leone infatti, non sapeva che secondo le regole di Hollywood non era accettata la violenza nei film western e fece a riguardo ciò che gli sembrò opportuno.
È inutile dire che il risultato ridefinì le regole.
Protagonista, nel ruolo principale è Clint Eastwood, la cui apparizione in questo e nei due film successivi del regista romano gli conferì fama internazionale.
Quando decise di musicare "Per un pugno di dollari", Leone voleva ricorrere alla musica di Francesco Lavagnino che aveva lavorato con lui nel film Il colosso di Rodi.
Fortunatamente incontrò Ennio Morricone le cui sonorità lo interessarono.
E Morricone seppe ripagare la fiducia che Leone aveva riposto in lui.
Le colonne sonore dei primi western erano canzoni popolari americane sempre piacevoli e con voce vellutata.
La musica di Morricone invece, s’ispira pienamente allo stile western e sembra più musica folcloristica messicana.
Per la realizzazione del film Leone temeva che il pubblico americano non avrebbe mai guardato un prodotto girato in Italia.
Così sia lui che Ennio Morricone cambiarono il loro nome in Bob Robertson, figlio di Roberto Roberti, e Don Savio.
Questo film, contro le più rosee attese ottenne un gran successo e fu il primo di un genere, lo “spaghetti western” che crebbe rapidamente.

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