giovedì 5 dicembre 2013

Crêuza de mâ

Il pezzo di cui si parla nella nota sottostante è considerato da parte di critica e pubblico una delle pietre miliari della musica degli anni ottanta e, in generale, della musica etnica tutta.


"Crêuza de mâ" è la canzone d'apertura che dà il titolo all'omonimo album del 1984, l'undicesimo registrato in studio di Fabrizio De André.



Questo disco è stato ed è considerato da parte della critica una delle pietre miliari della musica degli anni ottanta e, in generale, della musica etnica tutta.
David Byrne ha dichiarato alla rivista "Rolling Stone" che "Creuza de ma" è uno dei dieci album più importanti della scena musicale internazionale degli anni ottanta, e la rivista "Musica & Dischi" lo ha eletto migliore album degli anni ottanta.
Tutte le canzoni sono in lingua genovese, idioma antico ricco di influenze mediterranee, tanto che il disco risultò di difficile comprensione linguistica persino per gli stessi genovesi.
Si tratta di una scelta che andava, nel 1984, contro tutte le regole del mercato discografico e che, contro ogni aspettativa, ha segnato il successo di critica e di pubblico dell'album, il quale ha infatti segnato una svolta nella storia della musica italiana.
In realtà, il disco doveva essere, originariamente, in una lingua mista, composta da idiomi diversi, propri di un marinaio che, navigando ormai da lunghi anni, si sente sia genovese, sia barcelloneta, sia arabo, e così via.
Si è poi deciso di utilizzare la lingua genovese poiché De André riteneva che rappresentasse già un misto di parole derivanti da lingue diverse.
Al centro dei testi vi sono i temi del mare e del viaggio, le passioni, anche forti, e la sofferenza.
Questi temi vengono espressi anche sul piano musicale attraverso il ricorso a suoni e strumenti tipici dell'area mediterranea, nonché all'aggiunta di contributi audio registrati in ambienti portuali o marinareschi, come quello raccolto al mercato del pesce di Piazza Cavour a Genova.
Tornando ad analizzare la canzone possiamo notare che la parola crêuza in genovese significa "sentiero" o "viottolo".
In questo caso la crêuza di ma è però riferibile in maniera allegorica a un preciso fenomeno meteorologico del mare, altrimenti calmo, che sottoposto a refoli e vortici di vento assume striature contorte argentate o scure, simili a fantastiche strade da percorrere.
Infatti prendere per "i viottoli del mare" è sinonimo della possibilità, o della necessità, di scegliere la via, intraprendere il viaggio, reale o ideale.
Il pezzo, considerato tra le più alte espressioni artistiche di Fabrizio De André e dell'intera canzone d'autore italiana, è interamente in lingua genovese.
Il testo è incentrato sulla figura dei marinai, e sulle loro vite da eterni viaggiatori, e racconta il loro ritorno a riva, quasi come estranei.
De André parla magistralmente delle loro sensazioni, la loro narrazione delle esperienze provate sulla propria pelle, la crudezza d'essere in balìa reale degli elementi; poi affiora una ostentata scherzosa diffidenza che si nota nell'assortimento dei cibi immaginati, accettabili e normali, contrapposti ad altri, come le cervella di agnello, o il pasticcio di lepre di coppi, decisamente e volutamente meno accettabili, e citati evidentemente per fare ironia sulla affidabilità e saldezza dell'Andrea.
Alla fine probabilmente la necessità o la loro scelta di vita, li riporterà al mare.
L'album è stato reinterpretato nel 2004 da Mauro Pagani, che ne ha rinnovato l'arrangiamento aggiungendo quel tocco di esotismo che caratterizza la sua musica: oltre alle tracce già presenti nel disco originale, in "2004 Creuza de mä" sono contenute "Al Fair", introduzione vocalizzata nello stile dei canti sacri della Turchia, "Quantas Sabedes", "Mégu Megùn", contenuta nel disco di De André "Le nuvole" e "Nuette", opera mai pubblicate a nome "De André".


Per chi volesse ascoltare questo brano:




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